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A cura dei Dott. Andrea Coratti, Angela Tribuzi, Michele Di Marino – La chirurgia robotica è stata introdotta da poco più di venti anni nella pratica clinica come evoluzione della chirurgia laparoscopica e con l’intento di superare i limiti tecnici di quest’ultima. In chirurgia generale le principali indicazioni alla robotica riguardano le procedure tecnicamente più complesse e difficili da riprodurre in laparoscopia convenzionale, specialmente se eseguite per patologia oncologica: in questi casi si richiedono infatti radicalità resettiva, complesse ricostruzioni viscerali e preservazione della “quality of life”.

In chirurgia rettale la tecnica robotica, confrontata con la laparoscopia, mostra generalmente vantaggi in termini di ridotto tasso di conversione a tecnica aperta, minori perdite ematiche e migliori risultati in termini di preservazione delle funzioni urinarie e sessuali. L’approccio robotico infatti, grazie alla maggiore facilità dei movimenti dell’operatore e all’ottima visione, rende più agevole la dissezione in un campo stretto e profondo come quello pelvico, migliorando la scelta del corretto piano chirurgico e agevolando il risparmio dei plessi nervosi deputati al controllo delle funzioni urogenitali.

Il campo della chirurgia epato-biliare è tra quelli in cui la laparoscopia ha maggiormente dimostrato i propri vantaggi, migliorando significativamente gli outcomes perioperatori: tuttavia il suo utilizzo routinario si è spesso limitato a procedure di basso e medio profilo tecnico, mentre molto ridotta è stata la sua penetranza per gli interventi più complessi. Tra questi le epatectomie maggiori o le resezione di alcuni segmenti particolari del fegato, con necessità di accurato controllo del sanguinamento intraoperatorio e di accesso a zone anatomiche difficili. In questo scenario la precisione della tecnica robotica consente un approccio più agevole alle epatectomie estese, alle segmentectomie posteriori, alle procedure che richiedano una ricostruzione biliare.

Analoghe considerazioni possono essere fatte per la chirurgia pancreatica, notoriamente associata ad elevata complessità tecnica e alta incidenza di complicanze postoperatorie. Il settore di punta è rappresentato dalla pancreasectomia cefalica, procedura molto complessa sia nella fase demolitiva che ricostruttiva, affrontata solitamente a “cielo aperto” e di difficile riproducibilità in laparoscopia. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un progressivo incremento dei centri che hanno affrontato questo intervento con tecnica robotica, dimostrandone non solo sicurezza e adeguatezza oncologica, ma anche vantaggi di alcuni outcomes perioperatori (es. riduzione delle perdite ematiche) rispetto alla chirurgia aperta.

La tecnica robotica trova applicazione anche nelle enucleazioni di piccoli tumori pancreatici (specie se collocati in zone “difficili” dell’organo) e nelle pancreasectomie distali. Riguardo queste ultime, le migliori indicazioni per la robotica sono rappresentate dai casi in cui si preveda la conservazione della milza (la robotica si associa ad un maggior successo di preservazione dell’organo) o in caso di carcinoma pancreatico in cui è necessaria un’accurata linfoadenectomia. La chirurgia resettiva dell’esofago è probabilmente quella gravata dal maggior tasso di morbilità e mortalità in ambito digestivo. Negli ultimi anni la comunità chirurgica ha cercato soluzioni tecniche sempre meno invasive per affrontare questo tipo di interventi (che possono richiedere accessi multidistrettuali su collo, torace e addome), con l’intento di migliorarne i risultati.

La robotica si è inserita in questo contesto apportando un contributo tecnico soprattutto nel tempo di dissezione toracica (talvolta molto complessa, soprattutto dopo radioterapia preoperatoria) e nelle esofagectomie che prevedano una ricostruzione digestiva intratoracica: i risultati sono molto promettenti e apriranno probabilmente nuovi scenari in chirurgia esofagea. La chirurgia per cancro gastrico è stata oggetto di molti studi nel corso degli ultimi decenni ed è ben noto oggi che la dissezione delle stazioni linfonodali perigastriche costituisce un punto cardine nella cura di questa malattia. Purtroppo la linfoadenectomia gastrica è tecnicamente difficile da riprodurre in laparoscopia è ciò spiega la limitata diffusione delle tecniche mini-invasive in questo settore. Altro punto critico per la laparoscopia è rappresentato dalla ricostruzione digestiva dopo gastrectomia totale, che necessita la confezione di una anastomosi esofago- digiunale.

Il robot ha consentito di riprodurre, con accesso mini-invasivo, la linfodenectomia eseguita in chirurgia aperta, superando i limiti della laparoscopia convenzionale; parimenti, anche il problema della ricostruzione digestiva è stato risolto con tecniche di sutura robot-assistite assolutamente sicure e affidabili. Alcuni studi hanno dimostrato addirittura che l’impiego del robot nella gastrectomia mini-invasiva per cancro rappresenta un fattore “protettivo” rispetto alla laparoscopia, relativamente alla riduzione delle complicanze e all’accuratezza oncologica. Complessivamente la robotica rappresenta una profonda rivoluzione culturale e tecnica in campo chirurgico. Il chirurgo viene a trovarsi, per la prima volta nella storia, fisicamente distaccato dal proprio paziente: e tra queste due figure, operatore e operando, si interpone una piattaforma hardware e software potenzialmente implementabile all’infinito. Come in molte altre attività umane, l’ausilio delle macchine porta a migliorare qualità e risultati: questo è quanto sta accadendo anche nel mondo chirurgico e nel prossimo futuro ciò che oggi sembra una realtà di nicchia diverrà probabilmente la routine.

Attualmente il limite maggiore alla diffusione su larga scala della chirurgia robotica è rappresentato dai costi elevati. Tra costi fissi e variabili ad oggi un intervento eseguito con tecnica robotica ha un costo superiore alla stessa procedura eseguita con tecniche tradizionali aperta o laparoscopica. Tuttavia molte esperienze dimostrano che i costi della robotica possono essere ottimizzati con adeguata programmazione, sfruttando al massimo le possibilità di impiego delle singole installazioni. Inoltre analisi più articolate dei costi hanno dimostrato che in determinati setting chirurgici i costi della robotica possono addirittura risultare inferiori a quelli della chirurgia aperta grazie alla riduzione dell’impiego di terapia intensiva, delle complicanze postoperatorie, della degenza complessiva e delle sequele postchirurgiche a lungo termine.

Da non dimenticare, infine, i costi relativi alla formazione dei chirurghi, spesso sottovalutati: la curva di apprendimento sembra essere più rapida se confrontata con quella della laparoscopia è anche questo può portare vantaggi economici al sistema. In conclusione la robotica è sicuramente l’ultima arrivata in casa chirurgica, ma con potenzialità estremamente elevate: nei prossimi anni assisteremo ad ulteriori sviluppi tecnologici nel settore robotico e i chirurghi delle nuove generazioni dovranno inevitabilmente confrontarsi con questa realtà. E tutto ciò si accompagnerà a maggiori precisione di intervento e sicurezza del paziente.