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A cura della Dott.ssa Cristina Mencarelli – Eccoci alla primavera: fra poco tornerà il caldo e molti di noi andranno al mare, ma l’idea di spogliarsi per indossare il costume da bagno può dar vita a forte preoccupazione e perfino ansia. Una sorta di “paura” in vista della prova costume può essere considerata quasi normale, soprattutto se nei mesi invernali non siamo state particolarmente attente ad alimentazione e attività sportiva. Secondo una ricerca condotta da Weight Watchers, il 27% delle donne inglesi rinuncerebbe alle vacanze al mare per la paura della prova costume e un terzo delle donne intervistate considera uno stress enorme trovare l’abbigliamento da mare adeguato al proprio corpo.
Secondo invece un’indagine italiana condotta dall’Eurodap, Associazione europea disturbi da attacchi di panico, questo accade anche a un italiano su due. E poco più della metà dichiara di vivere con estremo disagio il rapporto con il proprio corpo, preferendo rinunciare ad un invito al mare per la vergogna di doversi mostrare senza vestiti. Al sondaggio hanno riposto oltre 500 persone, uomini e donne, tra i 18 e i 60 anni. “Il 45% delle persone guardandosi allo specchio si sente completamente a disagio e valuta seriamente l’idea di rinunciare al mare per tutta l’estate – afferma Paola Vinciguerra, presidente Eurodap -, solo il 15% non crede che il suo peso forma sia una preoccupazione in vista delle vacanze, mentre il 40% non si sente ancora del tutto pronto ad affrontare il momento bikini, ma spera di avere tempo per rimettersi in forma”.

Nella realtà, purtroppo, noi occidentali vogliamo aderire alle regole dei modelli proposti dalla comunicazione di massa, che si occupa di temi quali immagine corporea e bellezza, contribuendo a creare e diffondere stereotipi su corpo e immagine. Molti di noi cercano di rincorrere una forma ideale e il timore di ingrassare diventa una dei tormenti principali intorno a cui ruota tutta l’esistenza.
Le ricerche dimostrano che il sovrappeso è spesso frutto di un’idea sbagliata: le donne tendono a percepirsi come più grasse di quanto non siano. Molte non si piacciono, sentono che non vanno mai “abbastanza” bene. Sul piano fisico sono sempre pronte a condannarsi. Un altro pensiero che tormenta è quello per cui nonostante gli sforzi, nonostante la dieta, nonostante le cure estetiche in spiaggia ci sarà sempre qualcuna che in costume sta meglio ed è più attraente di noi.
È come se ci comportassimo come la matrigna di Biancaneve, che ogni giorno interrogava lo specchio per sapere chi fosse la più bella del reame.
È stata coniata una definizione dalla psicologa australiana Marika Tiggermann, la sindrome da “bikini blues”, ovvero un sentimento di disagio che si prova a mostrare il proprio corpo in pubblico. La psicologa, presso la Flinders University, ha condotto uno studio su un campione di 102 giovani donne e pubblicato sulla rivista Sex Role. La ricercatrice ha osservato che nel nostro cervello avviene una sorta di “sdoppiamento” quando dobbiamo passare agli abiti leggeri, tale per cui la mente razionale prende le distanze dal corpo giudicandolo come un oggetto distinto da sé. Purtroppo lo sguardo su noi stesse e le nostre forme non è mai troppo benevolo: non siamo mai come vorremmo e questo processo comporta un crollo dell’autostima e la tendenza a preoccuparsi o addirittura vergognarsi del proprio corpo. Questo processo si chiama auto-oggettivazione. Per vedere quale e quanta incidenza l’auto-oggettivazione abbia sulla popolazione femminile e sull’equilibrio psichico, le hanno sottoposte a 4 differenti esperimenti. Nel primo si chiedeva loro di immaginarsi mentre provavano un bikini per l’estate nello spogliatoio del negozio, mentre nel secondo dovevano figurarsi già in spiaggia mentre lo indossavano. Nel terzo e nel quarto esperimento, invece, sia nel camerino che in spiaggia dovevano immaginarsi mentre indossavano un paio di jeans e un maglione. Gli esiti del test sono stati impressionanti, infatti mentre negli ultimi due casi tutte le partecipanti erano a loro agio, nei primi due l’auto-oggettivazione scattava allo stesso modo (quindi anche nella solitudine delle spogliatoio), suscitando sentimenti molto negativi. “L’auto-oggettivazione ha una varietà di conseguenze negative. Essere sempre preoccupate di come ci si vede, vergognarsi del proprio corpo, è legato ai disturbi alimentari e alla depressione”, conclude la psicologa. Esiste una forma di protezione psicologica da tutto questo? Secondo l’esperta è bene cercare di focalizzare l’attenzione non sull’aspetto del nostro corpo, quanto sulla funzione, ad esempio immaginandoci in attività piacevoli dell’estate, come andare in barca, giocare, passeggiare in compagnia, mentre si sta bene e ci si diverte. E, infine, cercare di non prendersi troppo sul serio!
Studi clinici dicono anche che alcune persone dietro alla corsa alla forma perfetta, dietro alla battaglia di non prendere troppi chili troppo, possono soffrire di dismorfofobia.
La dismorfofobia (dal greco dis – morphé, forma distorta e φόβος, phobos = timore) è la fobia che nasce da una visione distorta che si ha del proprio aspetto esteriore, causata da un’eccessiva preoccupazione della propria esteriorità.
Il corpo non viene più percepito nella sua globalità, ma ci si concentra esclusivamente sull’aspetto esteriore o solo su una porzione del corpo. Soffrire di questo disturbo significa non apprezzarsi e avere paura di essere brutte. Significa essere talmente ossessionate dal proprio aspetto da vederlo pieno di difetti. Che, in realtà, non esistono. O almeno non a questi livelli. Tutte noi riconosciamo nei nostri corpi pregi e, ahimè, difetti e proviamo a nascondere questi ultimi con piccoli trucchi utilizzando abiti più ampi, ricorrendo alla cosmesi e altro. La dismorfofobia è un’altra cosa. È una fobia, appunto. Causa un forte stress emozionale, incapacità di tessere relazioni sociali con conseguente isolamento sociale. Si sviluppa nei soggetti in cui è basso il livello di autostima, sia maschi che femmine, e si intraprende una vera battaglia contro il proprio corpo considerato pieno di difetti.

CONSIGLI per stare bene con il proprio corpo?
Ritengo importante che prendersi cura del proprio benessere psico-fisico sia fondamentale per la qualità della vita, ma bisogna ricordare che il proprio benessere non ha nulla a che fare con il giudizio (proprio e altrui) su quanto aderiamo ad un canone estetico che ci dice la pubblicità. Quando il corpo è normopeso, dal punto di vista della salute ciascuno è sano e dunque all’apice della sua bellezza. Possiamo raggiungere uno stato di benessere ed equilibrio dedicandoci non solo ad attività che migliorano il nostro corpo, quanto ad attività che si dedicano al corpo come le discipline olistiche, le danze, le attività corporee creative permettono di andare a sostituire eventuali pensieri ed emozioni negative associati alle parti corporee “critiche” con le esperienze dirette delle sensazioni positive.
Ritengo utile consigliare a tutti di focalizzarsi meno su noi stessi e su alcuni nostri particolari fisici e cominciare a guardarsi attorno per scoprire che non bisogna provare sempre vergogna, che la maggior parte delle persone non è una modella o modello e sono molto pochi coloro che hanno corpi per così dire perfetti. Bisogna cominciare a osservarsi nella propria interezza, puntando sui pregi più che sui difetti. Imparare a valorizzarsi e a mettere in evidenza le parti del corpo che piacciono. Non ricorriamo a diete drastiche, ma nemmeno abbuffate; possiamo provare a mangiare in maniera più corretta. Lasciamoci andare ai complimenti, ai gesti di affetto delle persone che ci stanno intorno, a chi ci apprezza nelle nostre relazioni affettive e sociali per quelle che siamo e diamo e non per il nostro corpo. E ricordiamoci che il fascino molto spesso sta in un sorriso, in uno sguardo o in un modo di gesticolare e non in un corpo perfetto!