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A cura della Dott.ssa Annarita Chiarelli – La tubercolosi (TBC) è una delle patologie che l’uomo cerca di combattere da più tempo. Immaginare di riuscire a sconfiggerla è un compito arduo anche per la medicina moderna, e l’attuale, concreto, obiettivo è quello di controllarne e contenerne la diffusione.
L’attenzione nei confronti di questa patologia è calata nel dopoguerra, anche per l’avvento di nuove terapie farmacologiche come gli antibiotici antitubercolari, tanto da essere considerata storica nei Paesi industrializzati. Nel XIX secolo Robert Kock identificò l’eziologia infettiva della patologia e nel 1927 venne presentato il vaccino BCG (Calmette e Guérin).
Nel mondo oggi ci sono circa 2mld e mezzo di persone infette, non malate, ma che possono contagiare altre persone e sviluppare la malattia, ogni anno 8 milioni circa sono i nuovi casi nel mondo, e 2 milioni di persone muoiono per TBC. La coinfezione HIV-TBC o forme multi farmaco resistenti interferiscono sulla capacità di ridurre il tasso di mortalità e fattori culturali e economici incidono sul controllo della diffusione in aree come Africa, Asia ed Europa orientale. Dati recenti confermano l’Italia tra i Paesi a bassa incidenza, <20 casi/100.000. La TBC, sebbene sia una malattia prevenibile e curabile, costituisce ancora oggi un’emergenza sanitaria tanto da essere stata definita dal’ OMS nel 1993 emergenza globale.
I batteri responsabili della tubercolosi appartengono al genere dei Mycobacterium, sono patogeni per l’uomo i batteri del gruppo M.Tubercolosis complex che comprendono il M.Hominis, dotato di maggior virulenza, e il M.Bovis (responsabile della tubercolosi bovina e di rare forme intestinali nell’uomo). Il batterio della tubercolosi è privo di eso o endo-tossine, il danno è secondario alla risposta immune dello stesso organismo verso il micobatterio; si distinguono forme polmonari ed extra-polmonari come la meningite tubercolare, genitourinaria, ematogena o linfadenite tubercolare etc.
La TBC viene trasmessa, nella maggior parte dei casi, per via aerogena. L’infezione tubercolare latente è una condizione di equilibrio tra il soggetto ed il microrganismo, i pazienti possono essere asintomatici e non aver evidenza microbiologica, ha una probabilità del 5-10% di diventare malattia e nei soggetti con coinfezione da HIV la percentuale aumenta del 20%. In ambiente sanitario l’esposizione ad agenti biologici rappresenta per gli operatori sanitari, uno dei principali fattori di rischio occupazionale. Il datore di lavoro, nella valutazione dei rischi, deve considerare vari aspetti come l’incidenza della TBC nel bacino di utenza, adeguatezza generale degli impianti di aerazione e definire tutte le misure di prevenzione e di protezione adeguate a contenere il rischio. Per le patologie aerodiffuse è consigliata l’adozione di misure base atte a ridurre la trasmissione, quali la corretta igiene delle mani, l’utilizzo di mascherine e ulteriori dispositivi di protezione per la salvaguardia della salute e sicurezza degli operatori sanitari e sorveglianza sanitaria da parte del medico competente al fine di individuare le forme latenti. Fino al 2001, l’unico test disponibile per la diagnosi d’infezione tubercolare latente era il test cutaneo tubercolinico o Mantoux, ossia iniezione intradermica di proteina purificata di tubercolina su superficie volare dell’avambraccio con lettura di eventuale ponfo dopo 48-72 ore.
Dal 2001 è stato approvato un nuovo test Quantiferon; è un test in vitro che misura l’interferone-gamma rilasciato dai linfociti su campione di sangue intero. I vantaggi del test Quantiferon sono una lettura del risultato non operatore-dipendente, maggiore sensibilità nei casi di infezione latente, indipendenza da una pregressa vaccinazione BCG che potrebbe dare come nel test Mantoux falsi positivi, risultati disponibile in meno di 12 ore. L’identificazione e il trattamento dell’infezione latente tra gli operatori sanitari si associa quindi alla ricerca di metodiche sempre più specifiche e sensibili.