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A cura del Dott. Daniele Losco – Il passaggio dall’età infantile a quella adulta è costellato, per ogni individuo, da tutta una serie di complicazioni che rendono questo periodo della vita particolarmente complesso, tanto da essere vissuto come una vera e propria crisi, la “crisi adolescenziale”.
L’adolescenza viene quindi rappresentata come un’età difficile, un periodo di crisi. È la seconda crisi che l’individuo affronta nella vita. La prima è la nascita, l’uscita dal mondo caldo e ovattato del grembo materno all’ambiente esterno. Per questo motivo molti ritengono che l’ingresso nell’adolescenza rappresenti una seconda nascita. Non si esce dal grembo materno, ma da qualcosa di simile: il grembo familiare, anch’esso caldo e ovattato per la sua protettività. Tutte le certezze acquisite nell’età di “latenza” (dai 5/6 anni fino ai 12/13) vengono messe in dubbio, cominciano a farsi strada altri valori, altri interessi, preannunciati da molte perplessità. Il bambino in età di latenza ha acquistato le sue sicurezze sentendosi sufficientemente accudito e protetto dalle figure genitoriali. Comincia a “sentirsi grande” con l’acquisizione delle prime conoscenze scolastiche.
L’apprendimento rappresenta una fonte di sicurezza e un buon meccanismo di difesa rispetto alle avversità del mondo esterno. La famiglia e la scuola rappresentano quindi un rifugio sicuro e protettivo nei confronti delle avversità della realtà esterna…poi tutto cambia.
Con un processo non immediato ma progressivo, tutte le certezze sembrano saltare. Lo sviluppo puberale, con le sue tempeste ormonali, la scoperta del proprio corpo sessuato e poi la scoperta dell’altro sesso, le prime consapevolezze che i valori tanto rassicuranti del passato stanno cambiando. Tutto ciò provoca un naturale sconvolgimento e la necessità di resettare tutto, mettere tutto in discussione per ripartire su basi nuove. Intanto occorre fare i conti con questo corpo che sta cambiando, che ha esigenze nuove e inizialmente irriconoscibili. Sembra fuori controllo. I ragazzi si scrutano continuamente allo specchio e spesso i cambiamenti verificati non corrispondono alle aspettative.
L’adolescente guarda allo specchio il proprio corpo che cambia, ma si guarda anche dentro, il proprio mondo interno, con il quale desidera rapportarsi in modo diverso, più propositivo, meno passivo. Sente il bisogno di affermare se stesso per affrontare il mondo e per fare questo deve mettere in discussione le vecchie modalità, fino ad affrancarsi dalle vecchie dipendenze.
Pertanto le figure genitoriali, che in precedenza davano tanta sicurezza, ma che richiedevano obbedienza e devozione, ora sono di ostacolo all’espressione dell’individualità, dell’individuazione. I genitori non sono più quei giganti che erano apparsi in precedenza per tanti anni: sono una donna e un uomo qualsiasi, con i difetti e le debolezze di tutti. È inevitabile che questa consapevolezza crei delusione e inizialmente senso di smarrimento e anche per questo occorre mettere in crisi questo rapporto di dipendenza. È un’esigenza vitale, nel senso che serve alla vita, all’inevitabile passaggio all’età adulta. È anche un processo doloroso, faticoso: “se voglio affermare me stesso e affrontare il mondo, devo abbandonare il caldo e accogliente ambiente familiare e uscire fuori alle intemperie…”.