Preferiti (0)
Close

A cura del dott. Daniele Losco, neuropsichiatra infantile – La necessità di ricorrere all’obbligatorietà di alcune vaccinazioni per evitare l’instaurarsi di epidemie di malattie infettive ha scatenato un putiferio, prevalentemente politico (non scientifico). A scopo di innescare la polemica è stata rispolverata una teoria degli anni ’90 che riteneva le vaccinazioni colpevoli dell’insorgenza di questo disturbo.

Già la necessità di rendere obbligatoria la pratica della vaccinazione contro alcune malattie per i bambini, pena la non possibilità di frequentare la scuola, appare come un qualcosa di medioevale. In una civiltà avanzata come la nostra si prevederebbe che il senso di responsabilità individuale nel proteggere i propri figli e i figli della comunità sia sufficiente per ottemperare a questa buona pratica. Purtroppo la mera polemica politica, che probabilmente antepone alla salute dei nostri figli e della comunità dei bambini la guerra contro il governo e la guerra contro le case farmaceutiche, ree di lucrare eccessivamente sulla vendita dei vaccini, ci deve far riflettere se la nostra società stia evolvendo o regredendo. Ma da dove nasce la “superata teoria” rimessa in campo per infiammare le folle degli elettori?

Il punto di partenza sta nel fatto che la maggior parte dei genitori di bambini autistici, nelle interviste anamnestiche, affermavano (come affermano tuttora) che lo sviluppo dei loro figli era nella norma fino all’età di circa 18 mesi, epoca nella quale si iniziano le vaccinazioni. Pertanto si ipotizzò che fosse proprio il vaccino il responsabile dell’arresto dello sviluppo cognitivo e relazionale e l’insorgenza dei primi sintomi autistici.

Negli anni ’90 alcuni ricercatori anglosassoni pubblicarono uno studio che segnalava un possibile legame tra autismo e vaccino trivalente per morbillo, parotite e pertosse. Pertanto, l’enorme incremento di questa patologia che si riscontrava in quegli anni non era dovuta alla riclassificazione della sindrome, ma a una nuova versione del vaccino, a una nuova modalità di produzione, utilizzando materiale biologico umano (es. tessuto fetale). Vennero pubblicati dati catastrofici circa l’incidenza dell’autismo: 1 caso su 110 negli Stati Uniti e addirittura 1 caso su 90 in Inghilterra!

Per “riclassificazione” si intende che l’autismo nella classificazione DSM, in tutti i suoi aggiornamenti, inserisce nella definizione “spettro autistico” molte altre diagnosi che in precedenza avevano una propria autonomia. Questo vale a dire che il termine “spettro autistico” è diventato una sorta di calderone contenente una grande quantità di patologia infantile di interesse neuropsichiatrico. Il fallimento scientifico di questa teoria è stato sancito dalla ritrattazione di 10 dei 12 ricercatori che avevano pubblicato lo studio, che risultò manifestamente manipolato.

Ma quali sono le cause dell’autismo? Ancora oggi possiamo solo parlare di ipotesi, ancora nessuna evidenza scientifica ci può dare la certezza sulla sua genesi. L’ipotesi che oggi gode di maggior credito è che il disturbo si sviluppi all’interno di una predisposizione genetica come conseguenza di un’alterazione a livello cerebrale (per questo si parla di “disturbo neurobiologico”), che poi si manifesta con o senza un fattore scatenante di natura ambientale. Per quanto riguarda il tipo di alterazione cerebrale, sarebbe ancora in vigore la teoria che vede coinvolti i “neuroni a specchio”, che consentono, soprattutto nei primi anni di vita, di apprendere attraverso l’imitazione.