Aggiungi ai preferiti (0)
Close

Articolo a cura di Claudio Lombardo – Ha un certo fascino scambiare l’immaginazione per realtà. E, in parte, questa attrattiva può essere racchiusa nelle seguenti parole: «L’uomo del futuro somiglierà molto ad un umanoide, sarà un uomo che conterrà cellule sintetiche, frammenti biologici provenienti da altri esseri umani (o da altri organismi viventi), materiali generati con tecniche bioingegneristiche…sarà certamente una forma di uomo diverso da quella che concepiamo oggi. La strada è quella di un ibrido: sostituire un battere o un fungo con un pezzo di grafene o titanio».

Anche se negassimo questa ipotesi, e aderissimo ad una visione totalmente opposta, dobbiamo fare i conti con una vera e propria era tecnologica che ci condiziona culturalmente. Clark descrive questa circostanza: «Il mio corpo è vergine dal punto di vista elettronico. Io non incorporo chips al silicio, impianti retinici o cocleari, […] ma lentamente sto diventando sempre più un cyborg. Lo stesso succede a voi. […] Perché noi diverremo cyborg, non nel banale senso di combinare carne e metallo, ma nel senso più profondo di essere simbionti umano-tecnologici: sistemi che pensano e ragionano, le cui menti e i cui Io sono distribuiti tra cervello biologico e circuiteria non biologica».

Verso un’intelligenza artificiale illimitata

La meta del Brain-computer interface (che permette una connessione tra il cervello e un dispositivo esterno) seppur impossibile è stato un traguardo raggiunto che, con la traduzione del pensiero in movimento, consente a pazienti paralizzati di manovrare strumenti o apparecchiature.

Il futuro sarà fatto di cervelli collegati in wireless per il problem solving (un tecnologico swarm intelligence, un brainstorming su larga scala in tempo reale), ci permetterà di riprodurre facilmente un Einstein o un Tesla. In parole chiare, mettere in relazione più individui – tramite il collegamento in rete – permetterà ad ognuno di essi di apportare un proprio contributo nello svolgimento di un determinato problema in modo tale da amplificare la nota potenzialità intellettiva.

Allo stesso modo, potrà risultare vantaggioso, connettere tra loro robot-umanoidi per creare una Superintelligenza Artificiale.

Una mente senza vincoli

Il Modello della Mente Estesa (‘MME’) pone alla base una liberalizzazione del concetto di mente, legata agli oggetti e all’interazione ambientale esterna.

In un esperimento mentale di Clark e Chalmers del 1998 due individui, Inga e Otto, devono recarsi presso un Museo conoscendo l’indirizzo. Inga utilizza la propria memoria per recuperare l’informazione, mentre Otto, affetto dal morbo di Alzheimer, si serve di un taccuino per annotare le informazioni.

Questo esempio ci fa comprendere come l’organismo umano si trova ad essere connesso a un’entità esterna in maniera così stretta da dar vita a un unico sistema nel quale tutti i componenti concorrono attivamente al conseguimento del risultato finale. Se rimuovessimo i componenti esterni [il taccuino] verrebbero meno le capacità comportamentali del sistema-persona, come se fosse stata rimossa una parte del cervello (Di Francesco, Piredda, 2012). (Il taccuino di Otto o la memoria organica di Inga portano allo stesso obiettivo, quindi vige un principio di parità tra le due risorse.)

Le menti (umane) sono sistemi intelligenti che si distribuiscono tra cervello biologico (di Inga) e circuiti cognitivi non-biologici (il taccuino di Otto), sconfinando oltre i limiti d’ordine somatico, generalmente eletti dalla letteratura classica come marchio del mentale.

La mente così descritta è la mente di uomini che diventano naturalmente cyborg: la possibilità di implementare la propria efficienza cognitiva agendo epistemicamente sul proprio ambiente, costruendo cioè nicchie cognitive in cui la mente, letteralmente, si estende.

Conclusioni

Questa nuova dimensione potrà essere generata tramite la “connessione in rete di più cervelli” e la “reperibilità in tempo reale delle informazioni” che sono necessarie per lo svolgimento di uno specifico compito. In altri termini ponendo un problema da risolvere e avendo la possibilità di connetterci con altri cervelli e con una banca dati, un archivio di informazioni o un’enciclopedia virtuale, potenzialmente potremmo ricalcare le gesta intellettive dei personaggi della storia della scienza.

Sarà questa la prossima specie?

Note biografiche dell’autore
Il dott. Claudio Lombardo è laureato in «Scienze organizzative e gestionali» e in «Scienze e tecniche psicologiche» e laureando in «Processi cognitivi e tecnologie» (tesi di laurea: La Teoria della Mente nell’Interazione Uomo-Robot in una prospettiva evoluzionistica e in relazione alla Teoria della Complessità).