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Articolo a cura di Claudio Lombardo –

Spesso attribuiamo il comprendere e altri predicati cognitivi per metafora e analogia alle automobili, alle addizionatrici e ad altri manufatti, ma queste attribuzioni non dimostrano nulla. Diciamo: “La porta sa quando si deve aprire, grazie alla sua cellula fotoelettrica”, “L’addizionatrice sa come (capisce come, è capace di) fare l’addizione e la sottrazione”, “Il termostato sente le variazioni di temperatura”.

Il motivo per cui facciamo queste attribuzioni è molto interessante ed è legato al fatto che nei manufatti noi estendiamo la nostra intenzionalità. I nostri strumenti sono un’estensione dei nostri fini e troviamo quindi naturale fare nei loro confronti attribuzioni metaforiche di intenzionalità (Searle, 1984), dal nostro punto di vista.

Siamo consapevoli delle differenti prospettive e significati che ognuno di noi attribuisce alla realtà; questo è vero in fisica – dove l’osservatore a volte non trova una precisa identità o significato al fenomeno analizzato – quanto nel contesto delle scienze psicologiche o neurobiologiche: siamo consapevoli che i cervelli, le menti, lavorano diversamente. Questa è la principale caratteristica della variabilità umana, ovvero la variabilità di pensiero che Turing attribuì al modo di ragionare sulle cose (le macchine).                                                                                                             

Partendo dal principio di complementarità (dove è presente un dualismo negli eventi costituenti il mondo subatomico) e dualità onda-corpuscolo (in cui l’identità della materia evolve al plurale) si pone un parallelismo (per una rassegna vedasi L’interpretazione di Copenaghen): non è possibile un’interpretazione univoca della realtà al nostro livello di pensiero. Se ragioniamo in termini di differenti livelli di realtà dobbiamo ragionare anche in termini di molteplici livelli di pensiero. Ma se ragioniamo in termini di differenti livelli di pensiero dobbiamo ragionare anche in termini di cervelli differenti. Tuttavia molteplici livelli di pensiero formano cervelli differenti e creano livelli differenti di realtà e la realtà per essere interpretata richiede livelli differenti di pensiero e, dunque, cervelli differenti (Fonte: Lombardo, Tesi: La Teoria della mente nell’interazione Uomo-Robot).                                                                                                  Quindi, sostenendo l’esistenza di cervelli differenti e differenti livelli di pensiero, si parlerà di interpretazioni della realtà. Einstein affermò «Non puoi risolvere un problema con lo stesso tipo di pensiero che hai usato per crearlo». Turing sposta la prospettiva egocentrica di pensiero con un ragionamento “esterno” che gli consente di interpretare la questione cervello/calcolatore nei seguenti termini: «Una macchina pensa in modo diverso da una persona. Ma poiché qualcosa pensa in modo diverso da noi vuol dire che non sta pensando?». All’osservatore meno esperto, a primo acchito, dal proprio punto di vista, potrebbe rivelarsi una logica tra “concave grotte e palazzi” ma, Alan Turing, precursore dell’intelligenza artificiale, va oltre la realtà umana. Ed è questa capacità di lavorare su più logiche che gli consente di pensare che, alcune circostanze, “per distruggere una macchina occorre un’altra macchina”.

Il problema di salvare milioni di vite si è risolto con questi differenti livelli di pensiero, prospettive, logiche e punti di vista, che sono stati i precursori dello scontro tra Enigma (la macchina tedesca per cifrare e decifrare messaggi) e la macchina di Turing (utilizzata per decifrare i messaggi di quest’ultima). In definitiva esiste una determinata interpretazione della macchina che fa parte di un livello di pensiero differente rispetto a quello abitualmente utilizzato.